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Piuttosto che sciorinare una più o meno accattivante biografia di un gruppo che non è semplicemente tale, preferisco descrivere il perché e l'origine di questa bizarra volontà. Confido nel fatto che abbiate bisogno di dati certi, è che siate mossi dalla curiosità e dall'interesse cui i signori della musica non potrebbero/dovrebbero fare a meno.
GEOGRAFIA DEL PROGETTO MEMI:
Catarsi è nato e finito, come vero e proprio progetto, quando ho reincontrato Carmine.
E' cominciato qualcosa che chiamavo e continuavo a considerare impropriamente come tale, come catartico; in realtà oggi recupero Memi.
Pensiero + cuore = memoria, questa equazione ha assillato per mesi i miei sogni, ma per raccontarne il significato sono costretto a partire da lontano.
Federico Fellini: tra tante cose che dobbiamo ricordare di lui cè anche l'aver regalato alla nostra lingua alcune parole felici, parole che colmano un vuoto, che dicono quello che tutti avevamo in mente e che ci riusciva difficile esprimere in modo specifico e diretto. Una di queste è dolce vita: un'espressione che, come un paio di secoli prima dolce far niente, ha fatto il giro del mondo e delle lingue per significare, dice l'austero e puritano Oxford English Dictionary, "a life of luxury, pleasure, and self-indulgence". Ancor più preziosa è unaltra parola: amarcord. Si sa, in dialetto romagnolo è la prima persona del verbo ricordarsi: a'marcord vale io mi ricordo.
Grazie a Fellini e a Tonino Guerra, a partire dagli anni ottanta abbiamo trasformato il loro titolo e il verbo in un sostantivo (un sostantivo maschile e invariabile) che evoca in una chiave di malinconia unpo ironica il mondo della memoria e dei ricordi. La parola si è così aggiunta alle altre, assai più antiche, grazie a cui parliamo della capacità non solo degli esseri umani, ma di tutti gli esseri viventi di trasformare le esperienze fatte o patite in tracce celebrali che conservano in se più o meno a lungo e che utilizzano successivamente per orientarsi tra gli altri esseri, tra le cose, nel mondo.
Non cè vita che non si avvalga di questa capacità. E senza questa capacità, se essa si impoverisce, se si perde, la vita animale si riduce ad un semplice vegetare. Questa capacità è più che mai al centro dell'attenzione di molti campi di studio.
Senza memoria, senza il casier della memoria, le sue scaffalature e caselle, non ci sarebbe lingua, diceva un grande linguista Ferdinand de Saussure (grazie G.). E così i linguisti, anche loro si occupano di memoria. Se ne occupano naturalmente gli storici e i demologi. Ma soprattutto se ne occupano gli studiosi di neuroscienze e gli psicologi di varia scuola (grazie S.).
Il fatto è che la memoria avvolge tutta la nostra vita e si manifesta in molte forme diverse. E questo spiega anche perché nel parlare comune abbiamo bisogno di parole diverse per identificarne i diversi aspetti. Una distinzione classica è quella tra il tenere a mente, il serbare in memoria, e il richiamare alla mente, il rammentarsi o il ricordarsi. La distinzione era già netta nella lingua e nelle distinzioni filosofiche e psicologiche dei greci che distinguevano tra mnème, ciò che i latini e noi abbiamo poi detto memoria, e anàmnesis, il richiamo della traccia a suo tempo salvata, ciò che noi diciamo ricordo.
Non bisogna mai fidarsi troppo delle etimologie. E non già perché non ve ne siano di esatte, rigorose, certe, ma perché, anche se certe, non è detto che illuminino il successivo uso storicamente attestato delle parole. Ma nel nostro caso è difficile resistere alla tentazione etimologica. Le parole greche per memoria e ricordo risalgono alla radice che in latino ha dato la parola mens, la mente, il pensiero. Così possiamo intravedere che per gli antichi greci la memoria era una capacità, come oggi diremmo, essenzialmente mentale, cognitiva, simile a quella dei computer. Le parole latine per memoria hanno invece altre matrici: recordor mi ricordo ha a che fare in un modo diretto e trasparente, almeno per i latini o per chi ancora sa di latino, con la parola cuore (cor, cordis). E anche memoria ci porta verso il mondo delle emozioni, più che di astratti concetti: la radice cui si rifà è la stessa che in greco ha dato vita a una parola come mérimma (preoccupazione, ansietà) e nelle lingue germaniche è alla base di parole che vogliono dire essere afflitto, rimpiangere, come linglese moderno mourn.
Anche altre lingue possono comportarsi in modo analogo. Si mettano a confronto le espressioni di varie lingue per imparare a memoria. Da un canto le abituali espressioni italiane come tenere, avere in mente, imparare a mente, dove la memoria appare nel suo aspetto più freddo e funzionale di scaffalatura mentale dei ricordi; dall'altro le espressioni francesi come apprendre o savoir par coeur, dove è nuovamente di scena il cuore con le sue passioni.
Le lingue, insomma, paiono accentuare in modo divergente aspetti che gli studi più recenti tendono invece a cogliere nella loro unità. La corteccia celebrale, cui sono affidate le funzioni intellettuali superiori, non lavora da sola nel fissare ed elaborare le esperienze memoriali e nel prometterci di ricordarle, ma lavora con tutte le parti anche più animalesche del cervello e, anzi, dell'intero organismo. Secrezioni surrenali dovute a emozioni hanno una parte importante nel fissarsi di esperienze nella memoria.
La parte delle emozioni l'aveva capita Marcel Proust, come si sa. E l'aveva capita un nostro poeta e scrittore geniale, Gianni Rodari. Quando i bambini di Reggio Emilia a cui faceva lezioni di grammatica della fantasia sostenevano di non avere niente da raccontare e di non ricordare niente, il favoloso Gianni diceva a ciascuno: Chiedi al tuo mignolo. Chiedi alla punta del naso. Che cosa si ricordano? E il piede destro? Non si ricorda niente?. I Bambini ridevano. Non sapevano di Proust e della madeleine, il pasticcino da the che avvia a ritrovare il tempo perduto.
Ridiamo, e poi il richiamo alla concretezza della esperienza corporea si rivela come il bandolo da cui srotolare il nostro amarcord e, con i ricordi, i fili preziosi delle storie private mie e di chi con me ne condivide le note, e delle storie comuni.
Anche comuni: in tempi di clonazione, diciamolo, non cè niente di più individuale e non clonabile del film della memoria, che ciascuno conserva nelle profondità del cervello. Ma una parte cospicua del film è fatta di fotogrammi e di sequenze che si ritrovano anche altrove. E così certi colori, certe frasi, certe date e fatti, certi suoni che crediamo possano avere la capacità di evocare delle emozioni di base, animalesche, la cui riappropriazione fa parte integrante del progetto Memi.
Quando decidiamo di esibirci dal vivo, non riesco a sottrarmi alla tentazione di leggere negli occhi di chi ci ascolta il personale amarcord.
Non posso fare a meno di confrontarlo col mio, col nostro, ed a priori esigere che lo stesso ascoltatore si liberi alla volontà di confronto che muove noi sul palco.
Corpi che si intrecciano in un'orgia che giammai vuole essere il facile espediente per tornare a mascherarsi dietro falsi clichè.
Il confronto è duro, e questo è dato dalle sonorità in un certo qual senso morbide ma elettriche e compresse; l'urto è forte e non rinuncerò mai alla sensazione di disagio che questa esperienza sonora evoca, prima fra tutte: dal superamento o meno di questo disagio dipendono le sorti del contatto.
Lo sforzo ulteriore è rivolto alla produzione proprio di quelle secrezioni surrenali che ogni corpo libera in modo diverso, ricordando a se stesso e raccontando agli altri corpi ciò che, per i diversi personali motivi, spesso si preferisce chiudere in uno dei cassetti della mente.
Oggi riusciamo ad ottenere un effetto del genere, proponendo una confezione musicale che non si presta con esattezza a nessuno dei modelli a cui ci siamo abituati da quando qualcuno decise che la musica doveva perdere quella sua conotazione di vera e propria esperenza corporea, memoriale e comune, per eccittare strati più superficiali del nostro sentire.
Il nome del progetto si rifà ad una parola coniata da Richard Dawkins (un sociobiologo credo), una parola per indicare questo materiale memoriale comune: meme in inglese, in italiano mema.
Sono i Memi che ci saldano insieme in una comunità.
Guai a perderli, i Memi. E allora che, diceva il poeta della terra della mia musa, un popolo diventa poviru e servu.
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Nel titolo è molto di quanto contiene la traccia. I rumori di fondo si trasformano in un pulsare che ha del battito cardiaco prima, e via via di deflagrazioni, incessanti; 100.000 Lolite in amore muovono inesorabili come truppe da sbarco dall'Est.Ne sono soddisfatto, finalmente ritorna lo strumento a cui sono più legato. | MP3.com CD: Memi Prj - buy it!
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Una cazzata nata al solo fine di attrarre le necessarie attenzioni che hanno permesso al progetto Memi di essere presente al Neapoli Rock festival 2000, una delle promesse mantenute nel silenzio e nell'oscurantismo, come se muto e dimenticato potessi trasmettere ancora qualcosa; in effetti è Stata e Sarà sempre il pretesto per crescere di promessa in promessa, di scelta in scelta, di raccomandazioni in decisioni!!! | MP3.com CD: Memi Prj - buy it!
CD: Memi prj
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Capito qualcosa del progetto Memi?? No?? Rilassati (come meglio puoi, al meglio che puoi) alza il volume e ascolta. Mi farai sapere? | MP3.com CD: Memi Prj - buy it!
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